Il nome di Umberto Eco
Il mondo della cultura oggi è più solo. Rimarranno però le sue opere, i suoi libri, le sue rubriche su Repubblica e l’Espresso (La bustina di minerva), pagine incancellabili della letteratura italiana.
Parafrasando il titolo del suo romanzo più famoso, RaiTre ha deciso di dedicare tutta la serata di oggi, sabato 20 febbraio al “nome di Umberto Eco“. Si comincia alle 20.10 all’interno della trasmissione Che Fuori Tempo Che Fa di Fabio Fazio e si prosegue fino alle 22 quando sarà di nuovo trasmesso il film tratto da “Il nome della rosa“.
Sono sicuro che saremo in molti a (ri)vedere il suo capolavoro. Intanto mi piace ricordarlo con le parole che pronunciò nel giugno dello scorso anno ricevendo la laurea honoris causa in Comunicazione e Culture dei Media all’Università di Torino:
“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino rosso e quindi non danneggiavano la società… venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli. La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità ”.
Lo voglio ricordare con queste parole perché accanto a molte persone che oggi stanno condividendo sui social il ricordo della sua persona con video, messaggi di cordoglio e ammirazione, vi sono anche legioni di imbecilli (appunto!) che rimproverano i primi di “dimenticarsi” delle parole pronunciate da Eco.
Basterebbe approfondire un po’ la ricerca, non fermarsi alla comodità e facilità con cui si condividono contenuti sul web, non essere superficiali per scoprire che il suo pensiero sui social fu molto più articolato:
“Il fenomeno dei social network è anche positivo, non solo perché permette alle persone di rimanere in contatto tra loro. Pensiamo solo a quanto accaduto in Cina o in Turchia dove il grande movimento di protesta contro Erdogan è nato proprio in rete, grazie al tam-tam. E qualcuno ha anche detto che, se ci fosse stato Internet ai tempi di Hitler, i campi di sterminio non sarebbero stati possibili perché la notizia si sarebbe diffusa viralmente”.
Come insegnare ai giovani a filtrare le informazioni su internet? E’ questo il grande problema (e onere!) che deve affrontare la scuola. Per approfondire, dedicate 12 minuti del vostro tempo a vedere questo video: