Delusione in edizione deluxe!
Viviamo tempi di musica liquida e conseguente riduzione – rispetto al “classico” supporto fisico – delle royalties che finiscono in tasca ad autori e discografici. Sono tempi di download illegali che causano danni irreparabili al mondo della discografia ma che, a mio avviso, sono sempre più inutili poiché dai video musicali ufficiali postati su YouTube è ormai possibile “estrarre” la traccia audio e salvarla in formato .mp3 in pochi istanti e con l’uso di appositi software (sulla cui legalità rimango in ogni caso perplesso). E ancora, sono i tempi del secondary ticketing (ne ho già scritto qui).
Le critiche del mondo discografico su questi temi sono unanimi e assolutamente condivisibili. Come la mettiamo però quando a mancare di rispetto al pubblico è proprio il mondo della discografia?
Questa mancanza di rispetto si concretizza in molte pratiche ma, a poco più di un mese dal Natale, voglio soffermarmi sul marketing pubblicitario che mira a convincermi di non poter assolutamente rinunciare alla versione deluxe del disco di questo o quell’artista pubblicato solo un anno fa (o addirittura qualche mese, in alcuni casi). Alla faccia dei fan che il disco – improvvisamente diventato monco – lo avevano comprato alla prima edizione, magari facendo salti mortali per risparmiare su altro; specie quando questi fan (e accade sempre più spesso) sono giovani che investono nella musica parte della loro paghetta.
Ovviamente qui per “mondo discografico” intendo editori e discografici e non tanto gli autori che – è una mia idea ma (penso) abbastanza vicina alla realtà – subiscono le scelte dei discografici. Salvo alcuni, tra gli autori, che hanno il potere contrattuale, la solidità finanziaria e l’onestà intellettuale di opporsi o, quantomeno, provare a dare un valore aggiunto al proprio disco.
Sono inequivocabili in tal senso le dichiarazioni a Repubblica.it di Tiziano Ferro (anche lui in uscita con la nuova edizione dell’album Il mestiere della vita):
le case discografiche chiedono sempre un repackaging per rivitalizzare un album, ma sta a te poi farla diventare un’opportunità e non un meccanismo asettico di ristampa con tre inediti e quattro remix (leggi qui l’intervista completa)
Se un tempo le uscite deluxe erano riservate a “pochi eletti”, oggi sono sempre più numerosi gli artisti che vogliono presenziare tra le palle (dell’albero di Natale!) con il loro disco nuovo fiammante; un disco che di nuovo ha solo la scritta “deluxe” in copertina e qualche “trucchetto” nel contenuto.
Del resto, è altresì noto che le case discografiche cercano di sfruttare al massimo il periodo dell’anno più “fecondo” per la vendita dei dischi. Quello che però non tutti sanno è che le vendite di nuove edizioni di un album si aggiungono alle vendite dell’album precedente ai fini delle classifiche di vendita e nelle certificazioni FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana). Un trucchetto legale per conquistare gli ambìti dischi d’oro, di platino e di diamante.
Il fan “integralista” compra anche la nuova versione del disco per non aver “buchi” nella sua collezione. L’artista e la casa discografica otterranno qualche introito insperato dando nuovo ossigeno alle vendite: il massimo del risultato col minimo sforzo. Basta aggiungere un live o un inedito qui, un remix o una rarità lì (oh quanto vanno di moda le rarità…).
Una brutta abitudine che, giova ricordarlo, non è solo italiana. Voi che ne pensate? Commentate qui o sulla nostra pagina Facebook. Per quanto mi riguarda, da autore ma prima di tutto da appassionato fruitore di musica, tutto questo mi riempie di tristezza e mi provoca una grande delusione. In edizione deluxe, ovvio!
“Deluxione” o “deprexione”, ammesso che volesse dire…prezzo inferiore!Comunque, sì, concordiamo.