Sanremo Young, teen talent sulla pelle dei giovani
Il verdetto finale della prima puntata di Sanremo Young vede eliminati Alexéf (nome d’arte di Alessandro Franceschini) e Sharon Caroccia.
In via di massima concordo con la valutazione espressa da televoto, Sanremo Young Orchestra, Academy (la giuria di dieci esperti) e dai ragazzi in gara; tuttavia non è questo il punto su cui mi voglio concentrare. Ritengo sia già ora di bilanci. Ecco dunque cosa promuovere e cosa bocciare di questa nuova trasmissione sanremese targata Raiuno.
Iniziamo con gli aspetti positivi.
Finalmente un programma con brani italiani.
Ci siamo ormai abituati all’esterofilia diffusa in tutti i talent musicali. La cosa non è necessariamente un male, tuttavia ascoltare interpretazioni in italiano consente di concentrarsi meglio su intonazione e pronuncia dei cantanti. E ciò rende più obiettivo il giudizio di pubblico e giurie.
Paolo Bonolis.
Il conduttore romano è il solito mattatore, un animale da palcoscenico che ha mantenuto alta l’attenzione del pubblico verso lo spettacolo, un po’ come ha fatto Fiorello a Sanremo (anche se Antonella Clerici non è certo Claudio Baglioni…).
Scoperta di voci interessanti.
Alcuni tra i ragazzi in gara hanno voci molto interessanti e sanno come affrontare il palco nonostante la loro giovane età. Certo, altri sono forse un po’ oltre le righe, a causa soprattutto della loro giovane età. Avranno modo, crescendo, di “controllarsi” e controllare meglio le loro emozioni.
Veniamo invece a quelle che secondo me sono le note dolenti di Sanremo Young.
Scelta dei brani molto discutibile.
Gli interpreti di Sanremo Young sono tutti giovanissimi. Far cantare brani come La Cura o Un’emozione da poco a ragazzi tra i 14 e 17 anni rende quelle interpretazioni poco credibili. Legittime certo, ma poco credibili, nonostante i quattordicenni di oggi siano molto più “maturi” dei quattordicenni di un tempo. A proposito. All’inizio, complice la giuria, si è voluto far credere che siano stati gli stessi ragazzi a scegliere i brani. “Dovresti scegliere un brano più adatto a te” era il tono dei primi commenti. Proseguendo la serata si è capito che i giovani non hanno avuto voce in capitolo sull’argomento.
Gioco “pericoloso” sulla pelle dei ragazzi.
Lo dicevo prima. Alcuni cantanti sono apparsi molto, forse troppo, sicuri di sé… E se questo in generale può essere un bene, per chi sogna di intraprendere una carriera in ambito musicale senza averne oggettivamente le doti tecniche può diventare un colpo psicologico non indifferente. La stessa cosa può accadere ovviamente a quanti appaiono poco sicuri di sé e magari hanno anche doti tecniche pregevoli. Insomma mi auguro che chiunque ruoti attorno a questi ragazzi, a cominciare dalle loro famiglie, si occupi di proteggerli.
Meccanismo di valutazione.
Mai come in Sanremo Young, il meccanismo di voto è apparso così fumoso (abbiamo provato a spiegarlo qui). La parte più chiara è quella relativa al voto degli esperti in studio e, forse, al televoto. Poi orchestra e giovani in gara hanno la possibilità di far scattare in avanti un ragazzo a testa facendogli guadagnare un posto in classifica. A caldo mi è sembrato un aspetto ridicolo; oggi, a bocce ferme, mi sembra soprattutto inutile.
Anche il cosiddetto showdown, la resa dei conti, meccanismo per cui l’ospite della serata ha il compito di eliminare due tra gli ultimi quattro cantanti classificati, mi lascia alcuni dubbi di opportunità. Mi riservo di rivalutarlo più avanti.
Insomma, accanto a indubbi aspetti positivi, rimangono troppe perplessità. A cominciare da quella più grande di tutti: che anche Sanremo Young sia un’operazione commerciale per far guadagnare diritti d’autore ai soliti noti. Sulla pelle dei ragazzi.