Recensione di Adversus – Colle der Fomento
A Roma i Colle der Fomento sono una vera e propria istituzione. Per gli appassionati del rap italiano, i Colle sono forse considerati il miglior esempio di chi avrebbe potuto molto di più, se solo si fosse piegato leggermente. Invece loro, inflessibili come antichi samurai, non si sono mai spostati di un millimetro.
Mi piace pensare che un filo del destino leghi i Colle alla Roma e ai suoi tifosi: cuore e fame uniti ad un’incredibile capacità di sprecare, vittime dello stesso cuore, che al momento del tiro fa invariabilmente sbagliare.
L’ultimo album, Adversus, è nato da una gestazione infinita, dodici anni in cui Danno e Masito hanno continuato a fare il loro lavoro, palco dopo palco, senza mai dare notizie concrete ai fan affamati, relegando l’uscita dell’album alla categoria vaporware.
Il 16 novembre 2018, Adversus ha invece inaspettatamente visto la luce del sole.
Che album ragazzi.
Storia di una lunga guerra, il brano di apertura, evoca fin da subito atmosfere alla Sergio Leone con un inconfondibile fischio, mettendo subito in chiaro che i Colle non hanno ancora alcuna intenzione di cambiare e che a fare il “loro” sono ancora i migliori. Si parla di una guerra, interiore, di artisti che hanno capito che il tempo non arretra e forse è già passato e di una guerra esterna, una lotta di un individuo con il proprio cranio e con quello che c’è fuori.
In ogni caso i Colle sono pronti:
“con una carica al posto del cuore, quando verrà il momento brillerà”.
Eppure sono qui è una riflessione amarissima sull’essere ancora in piedi dopo tante delusioni, amarezze, rancori e sul quanto sia difficile essere se stessi:
“Qua è la conta dei no e ce lo so, zi’
Che ogni giorno qua è una botta, una lotta, È sicuro che qualcuno ce scoppia”.
I Colle si lasciano andare al momento più braggadocius dell’album in Nulla Virtus, in cui si divertono ad incastrare rime perfette.
La doppietta Noodles e Lettere d’Argento sono invece i brani più interessanti dal punto di vista narrativo. Noodles, dichiaratamente ispirato al protagonista di Novecento di Sergio Leone, risponde alla domanda su cosa abbiano fatto i Colle in tutto questo tempo, in cui, prendendo qualche treno, qualche aereo sono rimasti ben saldati a quello in cui credono.
Le Lettere d’argento indicano tutti i messaggi nascosti all’interno delle rime dei Colle, dedicate a chi le deve capire.
Adversus, la title track ha invece un flow più aggressivo in cui la summa del Colle-pensiero è riassunta, citando forse una canzone di Gabriella Ferri, la più nota stornellatrice romana:
“Io faccio il mio e non lo faccio ne per loro né per l’oro, lo faccio solamente perché sinnò me moro”.
Collaboratore storico e vecchio amico, Kaos One appare in due tracce dell’album, Sergio Leone e Miglia e Promesse. Quasi commovente in Miglia e Promesse, in cui la sua voce graffiata impreziosisce un’atmosfera da vecchi pistoleri al tramonto.
La migliore collaborazione dell’album rimane però Roy Paci, che in Polvere, la traccia forse più bella dell’album in cui per stessa ammissione di Danno e Masito i due affrontano la morte di Primo Brown, perdita incolmabile e che forse ha fatto fare i conti con la vita del Colle e ha fatto prendere consapevolezza che gli anni novanta sono finiti da un pezzo.
Un album clamoroso, commovente e definito, il testamento di un pensiero, di una scelta – giusta, sbagliata? – di una forma che non è stata mutata dal tempo e che ha ancora tanto da offrire.