Siamo giunti all’ultimo numero della nostra rubrica settimanale sulla metrica. Nella speranza che sia stata una rubrica di tuo gradimento, ti aspetto al Corso completo per Autori di Testi se vorrai approfondire i temi affrontati in queste settimane e scoprire altri aspetti legati al meraviglioso mondo della scrittura dei testi delle canzoni. Se vuoi saperne di più, leggi questo articolo fino alla fine.
Oggi, come hai letto nel titolo, affrontiamo un tema molto poco conosciuto anche da parte degli stessi autori di testi. Si tratta della sostanziale differenza che esiste tra accento tonico e accento ritmico.
Accento tonico, cos’è?
Come già detto qualche settimana fa – leggi questo post – si definisce accento tonico – secondo la definizione dell’enciclopedia Treccani – il rafforzamento o elevazione del tono di voce (a. tonico in senso largo) con cui si dà a una sillaba maggior rilievo rispetto ad altre della stessa parola (a. di parola) o dello stesso verso (a. ritmico o metrico).
Nella lingua italiana scritta l’accento tonico non è solitamente riportato, salvo che in questi casi:
- accento che cade sull’ultima sillaba (es. società)
- parole che assumono significato diverso a seconda della sillaba su cui cade l’accento (es. àncora – ancòra).
Tutte le parole hanno un accento tonico, anche quando questo non viene riportato nella trascrizione del testo ed anche quando si tratta di una parola con una sola sillaba (in quel caso, naturalmente, l’accento tonico cadrà su quell’unica sillaba).
Accento ritmico, cos’è?
Discorso a parte merita l’accento ritmico, in parte accennato nella definizione di accento, sopra ricordata. Gli accenti ritmici sono quelli più importanti nella scrittura perché la loro disposizione all’interno del verso da’ il ritmo al verso stesso.
Rispettare la posizione degli accenti ritmici sulle sillabe del verso è fondamentale per consentire al compositore di musicare, con le stesse note, due versi che occupano la stessa posizione all’interno di una strofa.
Ma vi è di più.
Nella poesia classica, vi sono regole che non ammettono violazione. Per esempio, i versi endecasillabi richiedono l’accento OBBLIGATORIAMENTE sulla sesta e decima sillaba oppure su quarta, ottava e decima o ancora su quarta, settima e decima sillaba o infine su sesta, settima e decima sillaba.
Un esempio chiarirà meglio la questione.
Prendiamo il più famoso incipit della letteratura italiana, scritto ovviamente da Dante Alighieri:
Nel mezzo del cammìn di nostra vìta
mi ritrovài per una sélva oscùra
Come si può notare, contando le sillabe, gli accenti ritmici cadono sulla sesta e sulla decima sillaba nel primo verso;
su quarta, ottava e decima sillaba nel secondo.
Proprio questa disposizione – E SOLO QUESTA – dona ai versi scritti da Dante il ritmo che tutti conosciamo.
Oggi si fa molto uso dei versi liberi, così definiti perché non rispettano questa disposizione ritmica, tuttavia, come dico sempre nei miei corsi, citando il grande Picasso, bisogna conoscere le regole prima di poterle violare!
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